<%@LANGUAGE="JAVASCRIPT" CODEPAGE="65001"%> Suor Chiara - Eremo

ARRIVARE  ALL’EREMO…

eremo1E’ la poesia  a svelare la verità di certi luoghi. Del Cerbaiolo, un poeta illuminato un giorno scrisse: “ Qui gli angeli serbano la loro sede antica. Smuovi appena una pietra e sciogli un’ala”. E’ questa l’immagine più diretta che si può avere, pensando all’eremo del Cerbaiolo anche se non ci sei mai stato fisicamente. Scontato dire che qui c’è pace, bellezza, incanto, destino. Il luogo ci riporta a quegli spaccati d’Italia nascosta, sconosciuta spesso ai suoi stessi abitanti. eret

Così deve essere almeno per un eremo come questo. Qui ci arrivi perché qualche “anima gentile” ti ha raccomandato di vederlo. Ci arrivi da una superstrada (60 km da Cesena e 35 da Arezzo),  su viadotti che ti fanno “volare” sopra le cime delle foreste. Poi scendi, passi per Pieve S.Stefano (Paese del diario) e cominci il tuo pellegrinaggio. Una strada sterrata che ti fa arrancare. La macchina fatica. Lecci, roverelle e ginepri crescono sulle rocce vulcaniche mentre pian piano si sale. L’eremo continua fin qui a rimanere nascosto. L’istinto resta quello di guardare in alto, perché è lì che qualsiasi pellegrino aspira con la sua meta. Trovi un crocicchio e una croce: segui l’istinto. Arrivi fin dove la strada si ferma e gli alberi fanno da scudo . Un piccolo e antico cimitero ti accoglie. Uno sguardo dentro quel piccolo praticello nel bosco, dove le croci sono ormai parte del paesaggio stesso. E’ qui che cambi d’abito: dalla modernità alla povertà dei tuoi piedi.

ere9L’ultima salita è la più tosta. Se vuoi arrivare fin lassù, l’eremo stesso chiede il tuo sacrificio. Capisci subito che qui il turismo è lontano: quei pellegrini moderni non faticano affatto. Cammini tra sassi sconnessi all’ombra degli alberi. Poi un piccolo sentiero di mattoni ti concede di compiere l’ultimo strappo. Eccolo il Cerbaiolo: piccolo, timido, ma imponente nella veduta che ti mostra davanti. E’ il destino di questi luoghi, quello di essere sospesi. Ti trascinano  fino a loro, spesso per la curiosità. Ti trattengono poi per quella loro atmosfera “sospesa” dove fdril tempo assume nuova dimensione. Sei sulla vetta del mondo: almeno così ti fanno credere! Essere, questo è ciò che gli eremi ti fanno vivere. La loro voce è il silenzio che tu cerchi di ricambiare.
Ma che fatica per chi come noi, arriviamo dalle strade chiassose del mondo. Fatica che però, in molti dovrebbero fare.  Se non per volontà, sia un’imposizione portare fin quassù coloro che ci governano. Chi ha sete di potere. Chi si crede eterno. Farli così ritornare ad una dimensione che gli eremi offrono senza distinzione. Non c’è presunzione in questo! Il Cerbaiolo ancora una volta non smentisce la sua tradizione e vocazione. Arrivare fin quassù è come perdersi, per poi ritrovarsi anche quando da questo luogo ti sei staccato. 

 

STORIA DI PIETRA
sadfL’eremo del Cerbaiolo è  un edificio sacro che si trova nella località omonima a Pieve Santo Stefano. L'eremo è un esempio notevole di insediamento religioso in ambiente impervio. Sorse come monastero benedettino nell'VIII secolo, dal 1216 al 1783 fu abitato dai Francescani, divenendo poi parrocchia col titolo di Sant'Antonio. Dalle origini al 1520 ha fatto parte della Diocesi di Città di Castello, nel 1520 è entrato a far parte della Diocesi di Sansepolcro.Dopo i pesanti danni subiti durante la Seconda guerra mondiale (l'eremo fu teatro di ripetuti scontri a fuoco tra partigiani locali e le truppe naziste che tentarono di impadronirsene per usarlo come base di operazioni subendo ripetute sconfitte), è stato totalmente restaurato e ospita, dal 1967, un Istituto Secolare Francescano, cui l'eremo è stato ceduto dal vescovo di Sansepolcro mons. Abele Conigli. L'eremita che ora gestisce il luogo, che è divenuto punto di accoglienza per pellegrini, è Chiara, una laica consacrata di 80 anni forti come le mura di Cerbaiolo. Chiara ha più di 100 capre che le fanno compagnia e l'aiutano a mantenersi. Il complesso si articola attorno ad un chiostro seicentesco a grossi pilastri ed archi depressi con isolati corpi di fabbrica (chiesa, sacrestia, refettorio, cappella, celle). La chiesa, con portali settecenteschi ed abside poligonale, conserva tre altari rinascimentali in pietra.Rilevante è la cappella di Sant'Antonio, edificio a torre del 1716 con il fianco occidentale poggiante sulla nuda roccia.